Torino, sabato 16 novembre 2019
Questa mattina l’ ISEF Torino – Istituto Superiore di Educazione Fisica (di piazza Bernini 12 a Torino), ha ospitato il convegno “Artriti, sport e attività motoria” promosso e organizzato da Aapra onlus (Associazione Ammalati Pazienti Reumatici Autoimmuni), presieduta da Raffaele Paone, e Isef, con la partecipazione del Gruppo Les Italiano e del Gils e che ha visto l’ intervento, come relatrice, della dott.ssa Maria BRUZZONE, Reumatologa presso l’Ospedale Castelli ASL-VCO e, fino al 2016, Dirigente Medico presso la S.C. Reumatologia della AO Città della Salute e della Scienza di Torino dove ha ricoperto, tra i vari ruoli, quello di Responsabile dell’ Ambulatorio integrato dedicato alla Sindrome Fibromialgica, in collaborazione con la SCDU Psicologia Clinica diretta dal dr. Riccardo Torta dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino.
Il suo si è dimostrato un contributo personale e medico alla sindrome fibromialgica, consapevole del ruolo da coordinatore che spetta al reumatologo nei cofronti di tutte le figure mediche che ruotano intorno al paziente fibromialgico.
“Su 20 pazienti, 19 sono donne, uno
soltanto è uomo, perché alla base esiste un substrato genetico e
ormonale” spiega Maria Bruzzone. “Ma i fattori esterni sono altrettanto
importanti. Infatti l’origine di questa malattia, secondo la letteratura
scientifica, risiede anche in traumi psicofisici, nello stress
psicofisico, dall’ambiente esterno (dall’alimentazione all’inquinamento
atmosferico) e fumo, per esempio”.
L’età media delle persone colpite
è 30-50 anni, ma la malattia può sorgere anche in età giovanile.
“Purtroppo non solo non si può prevenire, ma la sindrome fibromialgica
viene diagnosticata tardi perché spesso viene confusa con altri
disturbi, quindi è una diagnosi di esclusione e i pazienti si trovano a
girovagare tra ortopedici, neurologi, neurochirurgi, negli ambulatori e
ospedali anche dai 3 ai 5 anni, prima di conoscere il vero nome della
malattia”, ammette la reumatologa.
È un vero dramma, la sindrome fibromialgica, che mette in ginocchio la vita di molte persone nella nostra regione e in Italia.
Sono circa 150 le patologie reumatiche autoimmuni conosciute – artrite reumatoide, artrosi, fibromialgia, gotta e lupus eritematoso sistemico sono le più diffuse – colpiscono 365 mila piemontesi, più di 190 mila nella sola città di Torino. A esserne colpiti gli anziani, ma anche adulti nel pieno della loro vita privata e professionale. La polimialgia reumatica interessa 10 abitanti su 100 mila già a partire dai 50 anni in su e riguarda perlopiù le donne in un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini.
D’altro canto, le liste di attesa per ottenere una prima visita specialistica sono lunghe mesi (fino a 18 in alcuni ospedali torinesi), denunciano i pazienti, quindi la diagnosi tarda a giungere con pesanti conseguenze sulla vita degli ammalati e le richieste di cura, in aumento, si scontrano con la carenza di reumatologi, che hanno potuto comunque formarsi al di fuori della regione Piemonte.
La dott.ssa Claudia LOMATER, Reumatologa e
Responsabile S.S.D. A.O. Mauriziano di Torino, lamenta invece la
mancanza di strutture all’avanguardia per i malati reumatici, dove il
paziente può avvalersi del reumatologo, del fisioterapista, dello
psicologo e di tutte quelle figure che periodicamente gli ruotano
intorno e che devono interfacciarsi tra di loro, in sinergia.
Per
esempio bisognerebbe parlare di ECONOMIA ARTICOLARE, metodica di lavoro
basata su accorgimenti che oltre a ridurre e a evitare il dolore,
RITARDANO O MAGARI EVITANO DEFORMITÀ; riattivare in termini di presa in
carico ambulatoriale il massaggio connettivale, per esempio, potrebbe
essere una prima applicazione di tale metodologia.
GIUNGIAMO ALLO SCOPO DEL CONVEGNO: incoraggiare all’attività fisica chi per anni, per limitazioni fisiche, ha creduto che far attività fosse dannoso e controproducente. È, insomma, un invito a “curarsi” anche con lo sport, in una sede polisportiva prestigiosa che fa cultura, sostiene e diffonde informazioni scientifiche, per sfatare la convinzione che artriti e attività fisica viaggiano su binari differenti.
Il movimento fisico, come passeggiare, fare yoga, Tai chi, pilates, nuoto, fit walking, può ridurre il dolore dei malati fibromialgici e reumatici dal 20 al 50%.
“Qualche paziente fibromialgico per esempio – spiega la dottoressa Bruzzone – ha anche sospeso la terapia farmacologica”.
Anche secondo la dottoressa Lomater l’esercizio fisico è “come un farmaco che andrebbe sempre prescritto, ad ogni visita”.
IL PAZIENTE REUMATICO DEVE FARE MOVIMENTO perché, oltre a recargli
benefici fisici, il riuscirci, compatibilmente con la sua condizione
fisica, equivale a “superare le barriere, non sentirsi un oggetto da
riempire di farmaci, c’è una componente attiva del paziente. Il
movimento è una terapia fondamentale soprattutto nelle fasi iniziali,
nella precocità”.
L’importante è:
– ADATTARE LA PRATICA AL PROPRIO STATO DI SALUTE, ALLE CAPACITÀ FISICHE, ALLE RISORSE PSICOLOGICHE.
– NON COMPIACERE GLI ALTRI.
– AVVALERSI DI UN APPROCCIO EDUCATIVO A LUNGO TERMINE.
È fondamentale:
– SOSTENERE LA MOTIVAZIONE DEL PAZIENTE DA PARTE DEGLI ADDETTI AI LAVORI.
– FORMARE I MEDICI E CONTINUARE CON LA RICERCA SPECIFICA PER VALUTARE L’EFFICACIA DEI VARI PROGRAMMI.
– ALLEVIARE IL DOLORE riducendo l’istallarsi di posture compensative,
prevenendo l’ipotrofia muscolare, praticando ginnastica respiratoria,
stretching paravertebrale, favorendo la motilità articolare, avvalendosi
dell’ idroterapia.
Secondo il Prof. Italo FAZIO – docente presso
l’ISEF Torino dal 1975 e docente S.U.I.S.M. – Struttura Universitaria
di Igiene e Scienze Motorie, Università degli Studi di Torino, bisogna
considerare l’individuo nella sua globalità, con un approccio olistico.
Durante il corso della sua relazione si delinea il pensiero che il
medico debba rapportarsi con il paziente come l’insegnante con il suo
allievo
“SOSTENENDO LE SUE POTENZIALITÀ DI GUARIGIONE, DI RIUSCITA DI UNA TERAPIA, OTTERREMO IL MASSIMO EFFETTO DAL PAZIENTE”.
Trattasi dell’ effetto Pigmalione*, che testimonia quell’influenza che
le aspettative dell’insegnante creano sul comportamento degli allievi (e
viceversa).
Esso si divide a sua volta in effetto:
– GALATEA
L’insegnante ha aspettative positive da parte dello studente e lo
studente riesce ad ottenere risultati positivi rispetto alle richieste
pregresse
Ed
– EFFETTO GOLEM
L’insegnante crede che lo
studente non riesca, non abbia potenzialità e, di conseguenza,
quest’ultimo reagisce nella stessa direzione.
“Considerazioni
didattiche per stimolare l’auto guarigione”, questo il titolo
semi-provocatorio della relazione del professore, il quale cita
Aristotele per avvalorare la propria tesi con la frase “IL TUTTO È
MAGGIORE DELLA SOMMA DELLE SUE PARTI”.
“Il corpo umano possiede
capacità di auto guarigione anche in condizioni patologiche gravose”,
sostiene Fazio, che in seguito lo paragona ad un iceberg, la cui
“superficie è soggetta alle intemperie della vita mentre la parte
sommersa continua a sorreggere quella emersa”.
DAL MOMDO DELLA SCUOLA a quello DELLA MEDICINA. IL MEDICO COME L’INSEGNANTE, in una parola sola: EMPATIA.